Un sommozzatore esperto può osservare panorami magnifici, nuotando in acque profonde senza paura. Per un credente di valore, non c’è alcun inconveniente a spaziare nella cultura d’innumerevoli paesi diversi, se il braccio fisso del suo compasso è fermo nella Sharî’a. I problemi si presentano a chi si tuffi in acque profonde, senza saper nuotare. A chi, in altre parole, trovandosi di fronte a pensieri senza fondamento ma resi attraenti da una forte dialettica, senza aver assimilato la cultura del Corano e della Sunna in modo adeguato, li ritenga veri o, quantomeno, ne resti ammirato.
Un’altra obiezione mossa all’interesse eccessivo per la filosofia, una malattia prodotta dall’ammirazione cieca per l’Occidente, è il voler dare alla meditazione islamica una base filosofica, relativizzare la sua realtà facendo ricorso essenzialmente alla ragione, con un desiderio più o meno cosciente d’imitazione; relegandola, cioè, in secondo piano.
Invece l’Islam non ha alcun bisogno né di sistemi umani né di sviluppi modernisti, né di una sintesi con altre religioni. Vedere questa necessità significa non conoscere la grandezza dell’Islam in modo adeguato. Esso, infatti, è la sola vera religione e possiede anche la visione del mondo più armoniosa.
Pretendere che un usignolo dalla voce sublime e impeccabile debba prendere come modello un corvo gracchiante per cantare, sono solo stravaganti chiacchiere da ignoranti.